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Il Sentiero dei Castellani
Un antico percorso medievale all'interno del SIC del conglomerato di Vobbia collega l'omonimo paese al Castello della Pietra, splendido maniero costruito intorno all'anno 1000 e arroccato fra due torrioni naturali di roccia. Sulle orme dei Castellani e delle loro guarnigioni, l'itinerario ricostruisce, passo dopo passo, la storia e le tradizionali pratiche della gente di questa valle, riscoprendo però, accanto al lavoro e alle fatiche dell'uomo, emergenze ambientali di grande pregio e interesse naturalistico che giustificano l'inserimento di quest'area nella Rete Natura 2000.
In località Torre, a 490 m di quota e a poche centinaia di metri dal centro di Vobbia, un pannello descrittivo aiuta ad individuare l'accesso al sentiero. Salendo a mezza costa si raggiunge in pochi minuti il Poggetto, prima tappa del percorso e ottimo punto panoramico sull'abitato di Vobbia. Nelle vicinanze sorgeva anticamente una torre di avvistamento a servizio del Castello della Pietra, visibile dal torrione est del castello stesso. Secondo la logica delle cosiddette "poligonali", grazie ad un sistema di fuochi e specchi posti sulle torri, le guarnigioni dei castelli appenninici erano in grado di mandare e ricevere rapidamente messaggi: il Castello della Pietra comunicava certamente con Monte Reale (Ronco Scrivia) e il Bric della Torre.
Riprendendo il cammino, si procede in pianura seguendo l'andamento dei versanti tra lembi di bosco misto a roverella (Quercus pubescens) e cerro (Q. cerris) e zone più aperte a gariga. Gli affioramenti di argilloscisti che in quest'area caratterizzano la formazione geologica dei Calcari di Monte Antola sono colonizzati da piante aromatiche quali il timo (Thymus vulgaris) e la santoreggia (Satureja montana) e rappresentano un ambiente favorevole per diverse specie di orchidee.
Poco più avanti, tra la vegetazione, si distinguono i ruderi di un secchereccio, importante testimonianza di quella che, comunemente, da queste parti viene definita la "civiltà della castagna"; il castagno era infatti elemento essenziale dell'economia montana e dell'alimentazione della popolazione locale. Dopo la raccolta e la selezione, i frutti venivano portati all'abergu, particolare costruzione a due piani che ne consentiva l'essiccamento.
Accanto alla farina di castagne, pari importanza aveva la produzione del carbone da legna: numerose sono infatti le piazzole da carbone ancora riconoscibili ma ormai in disuso nei boschi della valle. Le migliori essenze arboree, quali faggio, nocciolo e frassino, erano impiegate nell'allestimento di grosse cataste coniche di legna alte fino a 2 metri con un diametro pari a 25-30 piedi, con un camino centrale che permetteva l'accensione del fuoco e la sua alimentazione, ed un complesso, quanto ingegnoso, sistema di sfiatatoi laterali a garanzia di una corretta e lenta combustione della carbonina.
L'itinerario prosegue pressoché in pianura, nel bosco che via via si infittisce ma che offre ancora interessanti scorci panoramici sul fondovalle. La sensazione di una valle che gradualmente si fa più stretta e impervia trova spiegazione e conferma nella sua conformazione geologica. Lungo il percorso è, infatti, evidente come la formazione dei calcari di Monte Antola, che caratterizza la parte alta della Val Vobbia e una consistente porzione di Appennino genovese, lasci progressivamente posto al conglomerato, roccia anch'essa di origine sedimentaria, ma di più recente formazione (30-35 m.a.) e assai meno diffusa in Liguria. Massiccio e al tempo stesso facile alla frattura, il conglomerato dona al paesaggio forme inconsuete e spettacolari creando gole dai fianchi aspri, torri, guglie e pareti a strapiombo che ricordano l'ambiente alpino e che diventano l'habitat ideale per numerosi rapaci. Il falco pellegrino (Falco peregrinus) e il gheppio (F. tinnunculus) sono solo alcune delle specie che ogni anno nidificano nella zona.
Non sembra affatto azzardato definire questo tratto di valle un vero e proprio canyon che il torrente Vobbia, nei secoli, ha scavato e modellato nella roccia. I suoi meandri sono le forme più evidenti della continua azione di erosione e deposito di materiale esercitata dall'acqua nella sua corsa verso il torrente Scrivia. Qui non è raro veder volare il merlo acquaiolo (Cinclus cinclus), assai più massiccio del merlo comune e facilmente riconoscibile per l'evidente piumaggio bianco sul petto: grazie alle sue robuste zampe è in grado di nuotare e immergersi nell'acqua alla ricerca di cibo.
Scendendo verso il rio Ronchetti, dove un ponticello in legno ne permette l'agevole attraversamento, il bosco misto prende progressivamente il sopravvento e si arricchisce di essenze. L'ambiente si fa via via più fresco e ombroso e, all'inizio della primavera, il bucaneve (Galanthus nivalis), il dente di cane (Erythronium dens-canis) e la scilla a due foglie (Scilla bifolia), punteggiano di bianco e lilla i margini del sentiero all'ombra di castagni, noccioli, aceri, querce e carpini.
Si procede ora in salita fino a che il sentiero permette di ammirare il Castello della Pietra da un privilegiato punto di osservazione. Sulle pareti di conglomerato meno esposte al sole fa la sua comparsa la sassifraga paniculata (Saxifraga paniculata), specie rupicola rara sull'Appennino Ligure e invece assai frequente in tutto l'affioramento conglomeratico di Vobbia. Superato un altro ponticello in legno, si attraversa una zona umida ricca di felci: dalle specie più piccole come gli aspleni (Asplenium trichomanes e A. ruta-muraria) o il capelvenere (Adiantum capillus-veneris) alla più vistosa lingua cervina (Phyllitis scolopendrium) con fronde di 30-40 cm, e al polipodio comune (Polypodium vulgare), detto anche "liquirizia di legna" per il caratteristico odore del suo rizoma.
Si affronta l'ultimo tratto del percorso in salita, incontrando un'area attrezzata con tavoli e panche. Giunti in prossimità della costruzione, il conglomerato affiora prepotentemente e il sentiero, scavato nelle ripide pareti di roccia, permette l'osservazione di interessanti stazioni di vegetazione rupestre. L'esposizione dei versanti, la presenza e l'andamento delle fratture nella roccia giocano, qui, un ruolo importante sulla vegetazione, creando condizioni microclimatiche assai diversificate. È così giustificata la presenza, sui pendii più acclivi ed esposti a sud, di specie termofile come il carnoso Sedum accanto a specie che prediligono, al contrario, l'ombra e una maggiore umidità come l'asplenio delle fonti (Asplenium fontanum), una piccola felce piuttosto rara in Liguria ma che cresce in abbondanza su queste rupi.
Sapientemente arroccato fra due torrioni di conglomerato, a guardia del canyon della Val Vobbia, il Castello della Pietra, con i suoi mille anni di storia e leggenda, rappresenta l'ultima tappa di questo itinerario. La particolare e scenografica collocazione rende l'edificio un esempio unico, nell'entroterra genovese, di architettura medievale, in cui l'elemento naturale si fonde magistralmente all'opera dell'uomo e la completa.
Difficoltà
Per escursionisti esperti
Segnavia
Una croce gialla
Dislivello
in salita: -
in discesa: -
Tempo di Percorrenza
2 ore
Carta
Riferimenti utili
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