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Gli ambienti fluviali della Piana d'Albenga
L'area comprende i tratti terminali dei torrenti Arroscia e Neva che, confluendo, danno origine al Fiume
Centa. I depositi alluvionali sono di natura ghiaiosa, sabbiosa e limosa. L'area rappresenta una zona umida
di grande importanza per numerose specie di uccelli (in particolare migratori); qui sono oltre 150 le specie
censite: anatidi, limicoli, ardeidi, rallidi, passeriformi, falconiformi, sono osservabili nei diversi periodi
dell'anno con contingenti di passo, stanziali, nidificanti o svernanti. Lungo le sponde sono presenti lembi
ancora ben conservati di vegetazione palustre (canneti a cannuccia di palude) e riparia (formazioni a ontani,
pioppi e salici). Altro habitat significativo è rappresentato dalle formazioni alofitiche costiere presso
l'estuario, con specie vegetali altamente adattate al severo ambiente sabbioso costiero. L'ecosistema fluviale
presenta una dinamica naturale di elevato interesse naturalistico, ed ospita uno degli ultimi popolamenti di
testuggine palustre ingauna.
Il sito è anche stato riconosciuto dalla Provincia di Savona come Area Protetta di Interesse Provinciale.
Descrizione percorso
L'itinerario di visita proposto consente la visione dei siti più importanti degli ambienti fluviali della
Piana d'Albenga che, in alcuni casi, costituiscono gli ultimi lembi rimasti di un esteso ed articolato
sistema di zone umide che si estendeva dalla costa sino ai piedi delle prime propaggini collinari dell'entroterra.
Il percorso, della lunghezza complessiva di circa 8 km, si articola in una serie di stazioni che possono essere
raggiunte sia in auto, sia in bicicletta; quest'ultimo mezzo è certamente il più adatto alla visita di questa
piccola pianura ligure.
L'itinerario inizia dalla foce del Centa, posta di fronte all'Isola Gallinara, per proseguire lungo la strada
che costeggia l'alveo sul lato orografico sinistro, oltrepassando il ponte ferroviario.
La foce del Centa
La foce del Centa è un ambiente assai particolare, somma degli effetti congiunti del moto ondoso, delle maree,
del flusso e dell'apporto detritico del corso d'acqua.
La posizione attuale della foce è da farsi risalire alla metà del XIII secolo quando, forse con l'aiuto dei
Genovesi, il Centa deviò il proprio corso a monte dell'abitato di Albenga, andando a lambire le mura
meridionali della città; la vecchia foce è oggi probabilmente individuabile in corrispondenza del tratto
terminale del Rio Antognano o del Rio Carenda.
Il fiume, nel suo nuovo alveo, rapidamente causò l'interramento del porto, contribuendo al lento e progressivo
declino della città.
Da allora il mare continuò ad arretrare a causa degli apporti alluvionali del fiume: una testimonianza di tale
fenomeno è data da un fortino costruito nel 1566 dalla Repubblica genovese a difesa del litorale; esistente
ancora oggi, si trova a circa 200 metri dall'attuale linea di costa.
L'ambiente naturale della foce è stato notevolmente alterato in periodi recenti, in favore di una potenziale
fruizione pubblica: sono così scomparse sulla sponda sinistra le fasce di fitto canneto mentre il bosco
ripariale è stato diradato impedendo la rinnovazione naturale della vegetazione; permangono interessanti
lembi di prato umido nella zona in contatto con la spiaggia. La riva destra è attualmente in migliori
condizioni, con un esteso canneto a cannuccia di palude (Phragmites australis) e tifa (Typha latifolia).
Tale ambiente ospita le ultime presenze di iris palustre (Iris pseudoacorus) e una grande varietà di
specie di uccelli - soprattutto anseriformi e limicoli - che vi stazionano durante l'inverno e vi transitano
durante i periodi migratori.
In periodo invernale sono presenti moriglioni (Aythya ferina) e, meno numerosi ma assai frequenti,
morette (Aythya fuligula), tuffetti (Tachybaptus ruficollis), porciglioni (Rallus aquaticus);
durante i passi migratori sono invece frequentatori abituali svassi piccoli (Podiceps nigricollis),
piovanelli (Calidris spp.), piro piro (Tringa spp.), oche selvatiche (Anser anser),
fistioni turchi (Netta rufina), fischioni (Anas penelope); durante tutto l'anno è facile
osservare cormorani (Phalacrocorax carbo), folaghe (Fulica atra), germani reali (Anas platyrhynchos),
gabbiani reali (Larus argentatus) e gabbiani comuni (Larus ridibundus).
continuazione percorso
Superato il ponte a struttura metallica "L. E. Viveri" sono visibili in alveo numerosi resti di vecchie
murature; il percorso costeggia le mura meridionali della città medievale nelle quali si aprono la piccola
Porta del Pertuso e, proseguendo, la più importante Porta Arroscia, posta in corrispondenza del cardine
massimo della città romana, l'attuale Via Medaglie d'Oro.
Superata la cinta muraria si prosegue verso monte, oltrepassando il viadotto dell'Aurelia "bis"; una
rotatoria consente di continuare a percorrere la viabilità lungo l'argine, dove una pista ciclabile
che si affaccia sull'alveo offre la possibilità di osservare il fiume e le relative sponde.
Il Centa in corrispondenza del centro storico di Albenga
Dalla via che, nell'ambito del centro urbano di Albenga, costeggia l'argine lungo la sponda sinistra
del Centa, si può osservare il progressivo cambiamento delle caratteristiche del corso d'acqua; questo,
meno soggetto all'influenza delle maree o del moto ondoso marino, si stringe tra sponde con depositi ghiaiosi
colonizzati da vegetazione oggi prevalentemente erbacea, caratterizzata soprattutto dallo statice (Limonium narbonense);
nei pressi, qualche maestoso pioppo nero (Populus nigra) sopravvissuto alle "manutenzioni idrauliche",
resta ormai solitario testimone della vegetazione naturale tipica delle sponde fluviali.
I fondali del corso d'acqua diventano meno profondi e lateralmente si formano pozze di acque ferme; in questi
ambienti sono osservabili durante i periodi migratori, cavalieri d'Italia (Himantopus himantopus) e,
più raramente, avocette (Recurvirostra avosetta) ed aironi bianchi maggiori (Egretta alba),
oltre ai comuni aironi cenerini, gallinelle d'acqua, gabbiani e garzette (Egretta garzetta), che
sono invece presenti invece tutto l'anno.
Nella bella stagione, presso l'acqua, è facile localizzare le rane verdi maggiori (Rana balcanica)
udendone il canto particolarmente sonoro: una presenza estranea alla fauna autoctona, che ha sottratto spazio
ad altri anfibi, maggiormente esigenti dal punto di vista ecologico.
continuazione percorso
La pista ciclabile si interrompe presso Leca, all'altezza della confluenza tra il Torrente Neva ed il Torrente
Arroscia; dopo essersi immessi sulla viabilità principale, si arriva ad un incrocio con semaforo e, svoltando
a sinistra, si imbocca la strada della Valle Arroscia in direzione Pieve di Teco.
Appena superato il ponte sul Torrente Neva, una stradina asfaltata che si stacca sulla sinistra in breve
affianca l'argine fluviale costeggiando campi coltivati.
Abbandonato l'asfalto si prosegue a piedi seguendo una breve pista che costeggia la sponda destra del Torrente
Neva sino alla sua confluenza con il Torrente Arroscia: è qui che ha geograficamente inizio il Fiume Centa.
Le zone umide alla confluenza dei torrenti Neva ed Arroscia
Anche in questa zona le condizioni ambientali sono profondamente cambiate dopo gli interventi di manutenzione
sugli alvei che sono stati realizzati a seguito degli eventi alluvionali del 1994 e del 2000; lungo le rive,
le fasce di vegetazione erbacea, a cui si affiancavano quelle a vegetazione arbustiva ed arborea, hanno lasciato
posto a distese di ghiaia.
Sui suoli più distanti dal letto fluviale, l'eliminazione dello strato arbustivo ed il pascolamento eccessivo
di ovini ha favorito la diffusione di piante spinose e nitrofile impedendo la formazione di un soprassuolo più
evoluto.
Nei pressi sono ancora presenti due stagni, forse residuo di una vecchia lanca del Torrente Arroscia, ormai
isolati dall'alveo fluviale ed in fase di progressivo interramento.
Nonostante tutto, la zona è ancora uno dei punti di maggior interesse avifaunistico dell'intera
Piana di
Albenga; i fondali a profondità variabile, la presenza di un folto canneto, grandi alberi ed una buona
copertura arbustiva in vicinanza delle acque correnti e degli spazi aperti del greto, sono un richiamo per
gli uccelli acquatici e di canneto durante tutti i periodi dell'anno.
Nel periodo estivo sono abitualmente presenti gallinella d'acqua (Gallinula chloropus), germano
reale (Anas platyrhynchos), nitticora (Nycticorax nictycorax), usignolo di
fiume (Cettia cetti), beccamoschino (Cisticola juncidis), cannareccione (Acrocephalus arundinaceus),
canapino (Hippolais polyglotta), martin pescatore (Alcedo atthis), airone
cenerino (Ardea cinerea), garzetta (Egretta garzetta); in inverno ed in periodo migratorio
sono invece frequenti: sgarza ciuffetto (Ardeola ralloides), tarabusino (Ixobrychus minutus),
porciglione (Rallus aquaticus), airone rosso (Ardea purpurea), tuffetto (Tachybaptus ruficollis),
migliarino di palude (Emberiza schoeniclus), forapaglie castagnolo (Acrocephalus melanopogon)
oltre a diverse specie di anatre, più o meno occasionali: fischione (Anas penelope), codone (Anas acuta),
fistione turco (Netta rufina), alzavola (Anas crecca), canapiglia (Anas strepera).
Il progressivo interramento degli invasi sta però velocemente riducendo la superficie occupata da acque libere
e relativamente profonde che costituiscono gli ambienti indispensabili per la presenza di molte specie legate
agli habitat umidi.
continuazione percorso
Si riprende quindi la strada per Pieve di Teco e, dopo aver imboccato la deviazione per Villanova d'Albenga, si
giunge in breve al borgo medievale; oltrepassato il ponte sul Torrente Arroscia, si raggiunge un ampio
parcheggio in prossimità delle mura.
Più avanti, dopo aver percorso una breve strada sterrata adiacente al campo da calcio, è possibile scendere
nell'alveo del Torrente Arroscia.
Il Torrente Arroscia a Villanova d'Albenga
Il borgo fortificato di Villanova d'Albenga fu fatto erigere dal Comune di Albenga verso il 1250 alla
confluenza tra i torrenti Lerrone ed Arroscia per difendere i propri confini dai feudatari dell'entroterra,
secondo uno schema planimetrico a "castrum" che riprendeva quello della stessa Albenga.
Oggi l'ambiente fluviale è caratterizzato da estesi ghiareti e da opere di protezione spondale - argini e
pettini - recentemente ripristinate impiegando la tecnica delle gabbionate.
In realtà il greto ciottoloso, in questo tratto di asta fluviale, era molto esteso anche prima dei più recenti
interventi, ma sui margini più esterni dell'alveo era presente una cospicua fascia a vegetazione
prevalentemente arbustiva ed alcune zone di acqua stagnante attorno alle quali si erano potuti formare
boschetti di pioppi, ontani e salici.
Questi habitat sono scomparsi in parte a causa del naturale interramento degli invasi ed in parte per opera
diretta dell'uomo; certamente la biodiversità che caratterizzava questo tratto di torrente è andata perduta.
La vegetazione del ghiareto annovera poche specie erbacee a ciclo annuale; tra queste riveste comunque una
certa importanza la presenza del papavero cornuto (Glaucium flavum).
Perfettamente mimetizzati tra i sassi arrotondati vivono corrieri piccoli (Charadrius dubius) e piro
piro piccoli (Actitis hypoleucos) ai quali si aggiungono, durante i periodi migratori o in inverno,
gruppi di pavoncelle (Vanellus vanellus) e, più raramente, qualche occhione (Burhinus oedicnemus).
Ma le ampie distese di ghiaia e la presenza di acqua sono un richiamo anche per altri uccelli migratori:
accompagnati da un buon paio di binocoli, una visita al torrente durante i periodi di "passo" può offrire
sempre delle sorprese.
continuazione percorso
Si prosegue lungo la viabilità principale in direzione Garlenda.
Presso il confine tra i comuni di Villanova e di Garlenda, svoltando a sinistra dalla strada provinciale di
fondovalle e seguendo le indicazioni "S. Rocco" e "Buca 11", dopo circa 200 metri, si raggiunge la bella
chiesetta di S. Rocco.
La roverella di S. Rocco
Nei pressi della chiesetta barocca di S. Rocco si trova una roverella (Quercus pubescens) vecchia
circa 300 anni, compresa nell'elenco degli alberi monumentali della Regione Liguria; con un'altezza di 24
metri ed una circonferenza del tronco di ben 461 centimetri, domina il tranquillo paesaggio tra prati ed
uliveti, in parte utilizzati come campo da golf.
La presenza di quest'albero in prossimità di chiese o altri edifici a carattere religioso è assai frequente,
in questi casi il suo valore simbolico ha favorito un atteggiamento di rispetto nei confronti della pianta,
permettendo quindi che questa potesse raggiungere dimensioni particolarmente importanti.
continuazione percorso
Riprendendo la viabilità principale di fondovalle, si attraversa l'abitato di Garlenda sino alla località
Villafranca dove, dal parcheggio situato presso i campi da tennis, ha inizio un breve sentiero
naturalistico (vedi SIC 45- Lerrone Valloni)
Difficoltà
-
Segnavia
-
Dislivello
in salita: -
in discesa: -
Tempo di Percorrenza
-
Carta
Riferimenti utili
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