SIC e ZPS in Liguria » Genova » Punta Baffe - Punta Moneglia - Val Petronio

icona itinerari Moneglia - Vallegrande - Torre di Punta Baffe

Autore: Mariotti

E' uno degli itinerari più interessanti sotto il profilo paesaggistico e naturalistico. Consente di raggiungere a Vallegrande il centro di educazione ambientale provinciale di Nùa Natùa (= natura nuda) dove è possibile ristorarsi ed essere ospitati in case rurali recentemente restaurate. Anche qui parte del territorio è stato percorso da un furioso incendio che nel 2004 ha distrutto la pineta a pino marittimo. La zona è molto frequentata da uccelli di passo e stanziali (colombacci, upupe, picchi, rampichini, cince, ecc.).

In alcuni tratti il sentiero ci permette di osservare le falesie costiere. Le arenarie si sono originate col deposito di enormi quantità di sabbia da parte di frane e correnti marine; la ricristallizzazione della calcite ha poi cementato i granelli di sabbia. Di questo processo sono ancora oggi visibili sulle superfici degli strati le impronte del moto ondoso e delle correnti lasciate milioni di anni fa.

Al di sopra delle scogliere e della linea dove vivono solo licheni e alghe incrostanti, le rupi presentano festoni e chiazze di alofite, cioè piante specializzate a sopportare elevate concentrazioni di sale, come finocchio di mare (Crithmum maritimum), carote delle scogliere (Daucus gingidium) e poche altre specie che sopportano comunque bene la salsedine: grattalingua (Reichardia picroides), loglietto marino (Catapodium marinum), una varietà di silene (Silene vulgaris ssp. angustifolia). Su scogli e depositi ciottolosi fiorisce il papavero delle spiagge (Glaucium flavum). Un poco più distanti dal mare, compaiono violacciocche (Matthiola incana), cavoli delle rupi (Brassica montana), cinerarie marittime (Senecio cineraria), valeriane rosse (Centranthus ruber), lobularie (Lobularia maritima), perpetuini (Helichrysum italicum), euforbie spinose (Euphorbia spinosa ssp. ligustica) e sporadici pini d'Aleppo (Pinus halepensis). Salsedine, alte temperature estive e notevole aridità sono sopportati solo da pochi animali dotati di particolari adattamenti: sulle scogliere costantemente bagnate dalle onde troviamo denti di cane (Chthamalus spp.), patelle e littorine; poco più sopra sono invece molluschi del gruppo dei clausilidi e isopodi come i porcellini di terra; al finocchio di mare è legato il cerambicide Parmena pubescens. Gabbiani reali (Larus cachinnans) cormorani (Phalacrocorax carbo), sono tra gli uccelli più frequenti sulle rupi marittime, ma non è difficile osservare anche passeri solitari (Monticola solitarius) e gheppi (Falco tinnunculus); meno frequenti sono il gabbiano corallino (Larus melanocephalus) e il pellegrino (Falco peregrinus).

Lungo il solco umido e fresco di Rio Vallegrande, bordato da ontani e lecci, crescono la vite selvatica (Vitis vinifera ssp. sylvestris) e la felce florida. Viti inselvatichite, non più coltivate, che hanno resistito alla competizione delle specie spontanee sono frequenti, ma vere viti selvatiche, antenate delle piante dei nostri vigneti sono rare; Vallegrande è una delle poche località dove è stata accertata. La vite selvatica si riconosce bene alla fioritura perché ha fiori non ermafroditi ma solo maschili o solo femminili e si sviluppa come una lunga liana nel bosco. La felce florida (Osmunda regalis) è una delle più grandi e belle felci italiane, in grado di superare eccezionalmente i due metri di altezza. Ha un'origine molto antica e un'area di diffusione molto frammentata che interessa le regioni subtropicali e temperato-umide. In Italia si rinviene qua e là soprattutto sulle rive di torrenti, presso sorgenti e zone paludose. A differenza della maggior parte delle altre felci le strutture per la dispersione delle spore sono portate su fronde specializzate (sporofilli) diverse da quelle deputate a svolgere la fotosintesi (trofofilli). Se ne possono osservare cespi significativi presso il Rio Vallegrande.

Presso i solchi vallivi il leccio caratterizza lembi di macchia alta (forteto); a questa specie si associano soprattutto roverella, orniello, carpino nero, castagno e pino marittimo; nel sottobosco l'erica arborea appare ormai privata della luce, mentre si evidenziano discreti individui di corbezzolo, viburno (Viburnum tinus) e lillatro (Phillirea latifolia). Lo strato erbaceo, pur poco sviluppato, presenta, pungitopo (Ruscus aculeatus), asplenio maggiore (Asplenium onopteris), robbia (Rubia peregrina), strappabraghe (Smilax aspera), caprifogli (Lonicera etrusca, L. impexa). La lecceta rappresenta un rifugio per diversi animali (soprattutto piccoli vertebrati), per sfuggire alla calura estiva o ai predatori, ma può offrire anche abbondanti foglie e ghiande a disposizione di insetti, uccelli come la ghiandaia, il merlo (Turdus merula), la capinera (Parus ater), la cinciallegra (Parus major) o mammiferi, fra i quali emerge il cinghiale. Le zone più ricche di fauna sono comunque gli orli dei boschi a contatto con le radure e quelli prossimi ai coltivi e ai corsi d'acqua.

Prima della meta, in una zona più aperta incontriamo rupi e lembi di gariga colonizzate da lavanda selvatica (Lavandula stoechas) e da qualche euforbia arborea (Euphorbia dendroides); si tratta di un particolare arbusto mediterraneo soggetto all'estivazione, cioè alla perdita delle foglie in estate, un adattamento a condizioni di particolare aridità ed elevate temperature tipiche di zone più prossime all'equatore di quanto non sia la Liguria. La flora evidenzia anche l'euforbia a doppia ombrella (Euhorbia biumbellata) e la bella campanula media (Campanula medium), una graziosa specie ligure-etrusco-provenzale, frequente in alcuni tratti della costa ligure, ma rara altrove, che fiorisce copiosamente sulle scarpate delle strade. Nella zona è frequente il passero solitario (Monticola solitarius), reso celebre dal Leopardi, che ha l'abitudine di attendere alla posta in punti elevati per poi gettarsi in picchiata su insetti e altri invertebrati.

Raggiunta la torre circolare in pietra di Punta Baffe il percorso si allaccia all'itinerario 1 e permette di giungere sino a Riva Trigoso.

foto itinerario

icona difficolta Difficoltà
-

icona segnavia Segnavia
Tratto rosso orizzontale e un punto

icona dislivello Dislivello
in salita: 639 m
in discesa: 295 m

icona tempo Tempo di Percorrenza
2 ore 45 min

icona cartina Carta

icona riferimenti Riferimenti utili

Galleria fotografica

icona download Download

icona itinerari Altri itinerari

1. Riva - Punta Baffe - Monte Moneglia

3. Moneglia - Rocche delle Cantene - S. Lazzaro - Casarza Ligure