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icona itinerari Riva Trigoso - Monte Castello

Autore: Mariotti

Dalla Chiesa di S. Bartolomeo (edificata su un tempio duecentesco, ma rifatta più volte), si sale per antiche scalinate tra gli olivi con scorci sul Petronio e sul piccolo rilievo del M. Pagano; dopo aver incontrato più volte una carrozzabile, si giunge al grazioso borgo Ginestra. Ginestra o, meglio, Zenestra, è un piccolo e grazioso borgo fortificato sulle pendici orientali di Punta Manara, uno dei più antichi del comprensorio. Da qui hanno avuto origine gli insediamenti di Ripa a ovest della foce del Petronio e di S. Bartolomeo. Vi troviamo una torre "saracena" a base quadrangolare, eretta in pietre con un basamento a scarpa leggera, cordolo di raccordo e un corpo verticale a due piani provvisto di terrazza di copertura con parapetto. Un tempo probabilmente isolata, è oggi collegata a un gruppo di case; negli scorsi anni è stata modificata con nuove aperture e restaurata dalla Comunità Montana Val Petronio così da poter essere utilizzata come centro per attività antincendio, di protezione civile e di informazione ambientale.

Si risale ancora e, poco sotto quota 150 m, si piega in piano a destra dove arriva dalla Mandrella il sentiero n. 4; dopo circa 50 m si sale a sinistra sempre fra le vigne su una scalinata in pietre. Compaiono i primi lembi di bosco con castagni, roverelle, lecci e pini marittimi. Da un terrazzo panoramico la vista si estende per le valli del Gromolo e del Petronio, sul Monte Moneglia e sui promontori di Punta Baffe e Punta Manara che racchiudono la bella spiaggia di Riva. Il sentiero piega a destra e subito a sinistra, immerso tra macchie d'erica e oliveti abbandonati lungo la linea di contatto fra arenarie e scisti. Si sale ancora sul Monte Ginestra per scalini intagliati nella roccia.

La pineta è stata purtroppo fortemente degradata e ridotta dagli incendi e dalla cocciniglia (Matsucoccus feytaudi), fenomeni che hanno interessato quasi tutto l'areale del pino marittimo. Questa specie molto frugale e a rapida crescita era stata diffusa nel secolo scorso, soprattutto con impianti - laddove la natura aveva previsto il leccio e la roverella - per ottenerne legname, puntelli da miniera e materia prima per le cartiere. Durante la guerra e i primi anni successivi, però, l'utilizzo del bosco fu tale che all'inizio degli anni cinquanta Punta Manara appariva quasi completamente spoglia; la legna era stata largamente impiegata per alimentare il fuoco sotto i pentoloni di acqua di mare al fine di ricavarne il sale direttamente sugli scogli piatti del promontorio. Qualche lembo di pineta in buon stato si può ancora osservare, ma siamo in una fase dinamica e il destino dei pini, se non interviene di nuovo il fuoco, è quello di essere progressivamente sostituiti dalle latifoglie. Il sottobosco delle pinete, salvo che per una maggiore copertura di felce aquilina (Pteridium aquilinum) favorita dagli incendi, ricalca la stessa composizione di quello di una lecceta rada o di un bosco di querce e ciò testimonia che sono queste specie le naturali abitatrici di Punta Manara. Un'infinità di insetti popola le screpolature delle cortecce e i ciuffi delle foglie aghiformi dei pini, altri divorano il legno degli alberi morti. A loro volta gli insetti sono preda di molti uccelli: il rampichino (Certhia brachydactyla) cattura formiche e insetti xilofagi esplorando a spirale i tronchi, il torcicollo insegue le formiche sui tronchi e a terra, la cincia mora predilige gli afidi tra i ciuffi di foglie, il picchio verde (Picus viridis) scava gallerie alla ricerca di insetti xilofagi. Più raro e di passo è il Biancone (Circaetus gallicus). Scoiattoli (Sciurus vulgaris) e moscardini (Muscardinus avellanarius) apprezzano i pinoli e lasciano evidenti tracce nelle pigne rosicchiate.

Da destra giunge il sentiero n. 3; si prosegue con esso in piano per un centinaio di metri e poi si svolta a destra; altri duecento metri di lieve salita nella pineta e siamo in cima al M. Castello, dove troviamo un'area attrezzata per la sosta e i ruderi delle postazioni militari costruite nel 1943 dalla milizia fascista sui resti della Cà vegia (casa vecchia) e poi rinforzate dai tedeschi.

Dagli alberi emergono i "palchi", altane realizzate per la caccia ai colombacci e ad altri migratori che qui giungono in gran numero. Il colombaccio (Columba palumbus), simile a un piccione, dall'autunno alla primavera vive gregario (con stormi talvolta di migliaia o decine di migliaia di individui) e talora si associa proprio ai piccioni domestici. L'aggregazione, particolarmente vantaggiosa nel reperimento del cibo e nei confronti dei predatori, si riduce nel periodo riproduttivo, quando la coppia diventa solitaria e territoriale in prossimità del nido. Si nutre di semi di graminacee e leguminose, ghiande e altri frutti secchi di alberi, foglie, germogli, bacche; occasionalmente di vermi e insetti. È specie stanziale e migratrice, nidificante in Europa fino al 65° parallelo, Asia sud-occidentale, Africa nord-occidentale, India e Azzorre. Da noi è soprattutto di passo: arriva tra metà febbraio e fine aprile e riparte nella prima quindicina di ottobre; un certo numero di individui sverna nelle pinete litoranee e nelle macchie costiere. Non è molto amato dagli agricoltori, perché si presenta a volte in stormi di migliaia di individui depredando i campi di cereali e gli orti; è invece molto più apprezzato dai cacciatori, che lo attendono appostati su alte incastellature nascoste tra gli alberi.

Da qui si può tornare sui propri passi sino a riprendere il sentiero n. 3, proseguire verso il Telegrafo e aggirare il promontorio sul lato occidentale sino a Sestri Levante.

foto itinerario

icona difficolta Difficoltà
-

icona segnavia Segnavia
Due triangoli rossi vuoti

icona dislivello Dislivello
in salita: 254 m
in discesa: 0 m

icona tempo Tempo di Percorrenza
1 ora

icona cartina Carta

icona riferimenti Riferimenti utili

Galleria fotografica

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icona itinerari Altri itinerari

1. Sestri Levante - Casa Mandrella - Punta Manara

3. Sestri Levante (cantine) - Cappelletta Sacra Famiglia - Punta Manara