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icona itinerari I Casali (S. Pietro Frascati) - M. Pù - M. Alpe di Maissana

Autore: Mariotti

Si tratta di un itinerario piuttosto lungo che offre importanti elementi di osservazione a chi s'interessa di archeologia, di flora o di fauna. Esso inizia dalla fermata delle corriere sulla strada statale 523 e attraversa subito gli abitati di S. Pietro Frascati e Casareggio, frazioni di Castiglione Chiavarese. A Casareggio, in una posizione panoramica da cui si vede Sestri Levante con la sua penisola e il mare, sorge la cappella di San Francesco da Paola, costruita intorno al 1640. Aggirato il M. Frascati, si risale la Valle del Rio Frascarese, tra la macchia di corbezzoli, eriche, terebinti, lembi di lecceta e castagneto dove, nella stagione autunnale, fioriscono splendidi ciclamini.

Qui in alcune grotte sono state rinvenute testimonianze di un'antica presenza umana, conservate presso il museo archeologico di Chiavari. Nella "Grotta della Prima Ciappa" sono venuti alla luce punte di freccia, punteruoli in osso, utensili in selce, grani di collana, uno scalpello in serpentinite, una lama di ossidiana e frammenti di vasi in ceramica risalenti a circa 2500 anni a.C. Questa grotta fu utilizzata anche per sepolture collettive nell'età del Rame (3000-2300 a.C.). La "Tana delle Fate" fu invece utilizzata come rifugio per un arco di circa 6000 anni e conserva ancora tracce di un periodo che si estende dal Neolitico Medio al Medio Evo o forse è meglio dire sino ai giorni nostri, dal momento che fu un rifugio sicuro anche durante i rastrellamenti nella seconda guerra mondiale.

Nelle stesse grotte e in altri anfratti umidi della valle, rivoltando qualche grossa pietra, è possibile osservare il geotritone di Strinati (Speleomantes strinatii), simile a una piccola salamandra di 7-13 cm, ma facilmente riconoscibile per il ventre grigio scuro, il dorso variabile dal marrone al grigio con macchie ocra, le zampe parzialmente palmate, con dita corte e smussate. Predilige tutte le cavità umide e in particolare gli ingressi delle grotte e delle miniere, ma in giornate fredde con elevata umidità dell'aria si rinviene anche su pareti rocciose, sotto pietre o ceppi, tra le pietre dei muri a secco, nei boschi più freschi e presso i torrenti. Si nutre di insetti, estroflettendo la lingua. Tra i suoi adattamenti alla vita in ambienti sotterranei saturi di umidità, sono evidenti la respirazione esclusivamente cutanea collegata all'atrofia dei polmoni e uno sviluppo estremamente lento delle uova. In occasione di traumi è in grado di rigenerare i propri arti. Il geotritone è attivo tutto l'anno, particolarmente nel periodo estivo. In primavera il maschio afferra la femmina dal dorso, le circonda il collo e il capo con le proprie zampe e la accarezza col mento provvisto di ghiandole che secernono feromoni. A 3-4 mesi dalla fecondazione la femmina depone le uova nascondendole nel terreno o in cavità sorvegliandole per ben dieci mesi sino alla schiusa. La famiglia dei Pletodontidi, cui appartengono i geotritoni, comprende anfibi la maggior parte dei quali vive tra l'America settentrionale e le foreste tropicali dell'America meridionale; solo sette specie sono extra americane e tutte sono peculiari della fauna italiana. Il geotritone di Strinati è endemico dell'area tra la Francia e la Toscana; con popolazioni isolate nelle grotte del Cuneese e in località appenniniche delle province di Alessandria, Pavia, Piacenza, Parma, Savona, Genova, La Spezia e Massa Carrara; in queste due ultime l'areale si sovrappone con quello del geotritone di Ambrosi (Speleomantes ambrosii). E' specie protetta da norme regionali e internazionali.

Trascuriamo la strada che risale lungo le rive sino a Case One e attraversiamo il corso d'acqua, che per l'ottima qualità dell'ambiente è stato destinato dalla Provincia a svolgere il ruolo di ruscello-vivaio. Iniziamo la salita al Monte Pù, incontrando prima Case Lenzano e poi la strada proveniente da Campegli e diretta all'azienda agricola di M. Pù. Questa è dotata di un centro di ospitalità con fattoria didattica, sorto su un primitivo cenobio benedettino dell'VIII secolo; vi si possono seguire varie fasi produttive tradizionali (allevamento biologico di bovini, pecore, capre, conigli e parecchi altri animali da cortile, coltivazione biologica di ortaggi e alberi da frutto), fare diverse esperienze educative e culturali, fra cui la visita a un orto botanico, al castagneto e all'allevamento di trote e carpe o essere guidati in escursioni a piedi, cavallo o in bici. Saliamo e al secondo bivio, prima dell'azienda, svoltiamo a sinistra percorrendo la strada sterrata fra prati, macchie e boschi di leccio o di castagno sul lato occidentale del Monte Pù: la visuale è ampia su tutto il Golfo del Tigullio e, nelle giornate più limpide, giunge sino alla Gorgona e alla Corsica. Su questo rilievo i chiari calcari a calpionelle della parte sommitale vengono a contatto con i diaspri rossi e verdi delle pendici, entrambi associati alle argille a palombini; tale varietà di substrati contribuisce non poco ad arricchire la flora e la fauna. In primavera fioriscono narcisi (Narcissus poeticus) e tulipani dei monti (Tulipa australis); in autunno lo zafferano ligure (Crocus ligusticus); di particolare interesse sono gli aspetti dominati dalla ginestra di Salzmann (Genista salzmannii) e le praterie arbustate con grandi ginepri.

Il Tulipano dei monti è una specie rara, distribuita in modo frammentario sulle montagne del Mediterraneo occidentale e nota, in Liguria, di una decina di località con popolazioni assai ridotte nel numero di individui. Le ragioni di tale rarità sono dovute alle eccessive raccolte e alle razzie dei cinghiali che ne apprezzano i bulbi. Il tulipano dei monti vive nei prati aridi sopra gli 800 m dove fiorisce da maggio a giugno; alto 25-40 cm, presenta un grande fiore giallo con strie violaceo-purpuree all'esterno.

Per l'avifauna si osservano il falco pellegrino (Falco peregrinus), il succiacapre (Caprimulgus europaeus) e l'ortolano (Emberiza hortulana), ma è segnalato anche il raro gufo reale (Bubo bubo).

L'ortolano, simile allo zigolo, è un migratore transahariano lungo sino a 15 cm, il maschio, superiormente brunastro con nitide striature nere, è "incappucciato" di grigio-verde su testa, collo e petto; per il resto è bruno-rossiccio con gola e sottomustacchi giallo crema. La femmina è invece bruno-scura con petto chiaro, striato. Entrambi hanno un anello giallo chiaro intorno alle orbite oculari. Frequenta zone aperte, coltivate e nidifica sul terreno o sotto ai cespugli. Si ciba soprattutto di semi, ma non disprezza insetti e larve. Lo si può osservare mentre canta posato sulla cima di un albero o su un cespuglio. È una specie protetta dalle norme comunitarie.

L'interesse geologico dell'area M.Pù-M. Alpe è accresciuto dalla presenza di antiche miniere di manganese, ormai dismesse perché non più redditizie, e di ritrovamenti di minerali di axinite. Tutta l'area del SIC è stata una importante fonte di minerali; ancora oggi si possono osservare le discariche delle miniere sui monti Porcile, Zenone e Alpe e i resti di una teleferica al Passo del Bocco che, sino agli inizi del novecento, trasportava al sottostante abitato di Bargone la braunite (ossido di manganese), un minerale che si presenta in fasce nere sul rosso dei diaspri. Una sola miniera di manganese resta ancora attiva nella zona, quella di Cassagna, mentre sono ormai chiuse quelle del M. Pù, del M. Verruga e di Statale; dismesse sono pure quelle di rame di Maissana e dei vicini monti Capra e Bardeneto.

Aggirato M. Pù, incontriamo diversi sentieri che salgono a sinistra al M. Rusparola, ma occorre proseguire diritti sino a quota 900 m; qui un sentiero a sinistra porta a Pian delle Cannelle e alla strada per Bargone, a destra la strada si dirige invece verso le pendici nord del M. Colello e a Case Alpe; occorre però tralasciare la strada e salire diritti al M. Alpe da dove potremo affacciarci sulla boscosa Val di Vara. Dalla meta si può proseguire per crinale sino al Passo del Bocco di Bargone o al Santuario di Velva, tenendo però presente dei diversi tempi di percorrenza. Per tornare alla statale 523 possiamo anche aggirare il M. Pù sul lato orientale e seguire la strada che passa da Campegli cogliendo l'occasione di visitare le chiese di Sant'Elena e di S. Giorgio (XII sec.).

foto itinerario

icona difficolta Difficoltà
-

icona segnavia Segnavia
Due triangoli rossi pieni

icona dislivello Dislivello
in salita: 1060 m
in discesa: 88 m

icona tempo Tempo di Percorrenza
4 ore

icona cartina Carta

icona riferimenti Riferimenti utili

Galleria fotografica

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icona itinerari Altri itinerari

1. Bargone - M. Tregin - M. Roccagrande

2. Bargone (Costa) - Passo del Bocco di Bargone - M. Porcile